Il giocatore invisibile

Il giocatore invisibile

SINOSSI

Il Professor Nari, illustre docente universitario, viene diffamato da una misteriosa lettera anonima che lo “accusa” di aver compiuto un banale errore in un articolo dedicato al tema del tradimento. Chi lo odia a tal punto da diffamarlo pubblicamente? Il sospetto si trasforma in ossessione e anche la sua relazione con la giovane Olivia non placa la sua inquietudine in merito alla lealtà di chi lo circonda. Anche sua moglie Anna lo tradisce con un suo ex studente, mentre il professor Daverio, “l’eterno secondo”, innamorato da sempre di sua moglie, si suicida; sembrerebbe la conferma ai sospetti della sua “colpevolezza” quando improvvisamente si paleserà il vero autore dell’attacco.

 

 

 

           polis film pisa              

 

L’idea di raccontare il mondo accademico attraverso un film è nata molti anni fa quando, dopo la laurea in Scienze Politiche, ho iniziato a collaborare con Roberto Faenza, regista di Sostiene Pereira, Marianna Ucria e di molti altri film importanti, nonché mio docente di Sociologia della comunicazione all’Università di Pisa. Il suo corso universitario era basato sull’analisi dei mutamenti della società italiana, dal Ventennio fascista agli anni ’70, visti attraverso il cinema: “la realtà indagata attraverso la finzione”; questa cosa mi affascinò moltissimo e mi indusse a studiare il cinema dal punto di vista sociologico, storico e politico, per “comprendere” la società e i suoi mutamenti (la cosiddetta Sociologia del cinema). L’altro elemento per me affascinante era anche unire allo studio teorico sulle immagini (cinematografiche) un lavoro “pratico” sul campo di documentarista, di osservatore partecipante, capace di divulgare degli elementi di conoscenza del mondo e della società attraverso dei saggi sociologici audiovisivi, utile strumento di divulgazione di ricerche sociali, attraverso una metodologia qualitativa di ricerca sociologica (la Sociologia visuale con le immagini).

Proprio in quegli anni, metà anni ’90, uscivano nuove telecamere digitali (MiniDV e DVcam) che sostituivano le vecchie e inadatte Hi8, garantendo una buona qualità delle immagini, che si sommava al diffondersi di internet, e quindi dalla possibilità di divulgare sul world wide web i contenuti di studio e ricerca maturati sul campo.

Su queste basi iniziai a riflettere sull’ipotesi di raccontare l’Università in un film, cosa che non accade spesso in Italia ma sovente nel cinema hollywoodiano, dove college e Campus universitari sono spesso al centro di molte trame filmiche. In Italia si è raccontato qualche volta la componente studentesca ma raramente il “rovescio della medaglia, la faccia oscura della luna”, l’Accademia, i docenti e le loro dinamiche relazionali, il clima che si respirava nelle “Facoltà” universitarie oggi divenute “Dipartimenti”, dove i Professori universitari, divisi nelle tre fasce di ricercatori, associati e ordinari, gli studenti e la componente tecnico-amministrativa si relazionano, lavorano, collaborano e sovente si “scontrano” e si confrontano, in una serie di percorsi di vita poco rappresentati nell’immaginario collettivo cinematografico italiano.

Intorno al 2001 fu Faenza a parlarmi del romanzo di Pontiggia, lui docente-regista aveva già pensato a raccontare quel mondo, il suo mondo. Lui che basava molto il suo cinema sul rapporto con la letteratura aveva individuato sapientemente il testo di Pontiggia come spunto per un suo futuro film. Essendo un suo collaboratore, lessi anch’io il romanzo e ne rimasi negativamente impressionato, lo trovai senza speranza, claustrofobico, opprimente, lontano dall’Università che avrei voluto raccontare io in quella fase della mia vita, poco dopo la laurea, quando ancora si pensa che tutto sia possibile e dovuto. Quando ancora non si conoscono certi meccanismi della vita lavorativa di molti ambienti professionali. In quel momento lo trovavo “distante” da quello che sentivo. Col passare degli anni invece ho capito la mia ingenua immaturità, alcune cose che Pontiggia racconta magistralmente nel romanzo si sono improvvisamente rivelate e concretizzate: in particolare la crudezza di certe dinamiche, il cinismo senza speranza di alcuni personaggi, inizialmente mi erano apparsi eccessivi e forse datati (il romanzo è uscito nel 1978), vedevo e sentivo troppo “pessimismo”. Invece aveva ragione Pontiggia, pian piano, col passare degli anni mi ritrovai nel clima che lui raccontava, un humus in cui ero immerso da molti anni e che ora, cambiando ruolo, mi si palesava in tutta la sua “ferocia”, una sorta di legge di natura, dove il pesce più grande mangia il pesce più piccolo e dove la meritocrazia è una foglia di fico che serve a coprire in realtà clientelismo e “familismo amorale”. Su questo purtroppo siamo ormai tutti assuefatti e “distratti” rispetto al continuo bombardamento di notizie e di fatti di cronaca che passano quotidianamente e vorticosamente lasciandoci teoricamente più informati ma di fatto più inermi e impotenti: saper tutto ma non poter far niente, in una logica del si salvi chi può.

Oggi penso che “Il giocatore invisibile” sia un romanzo che descrive senza ipocrisia il vero volto dell’Università e anche dell’intera società italiana; raccontando l’Accademia Pontiggia ci svela il vero volto del “nostro” modello di società, i piccoli tradimenti, le gelosie, le rivalità, le piccole frustrazioni che segnano l’esistenza umana in maniera indelebile, alcune carriere fulminanti ed altre “sospese”, relegate in una sorta di limbo, bloccate in attesa di alchimie relazionali che potrebbero un domani concretizzarsi per procedere nel riconoscimento del lavoro svolto (o non svolto).

La sceneggiatura del film, scritta da Paolo Serbandini e Giovanna Massimetti, ha modificato lo spunto diffamatorio iniziale, nel romanzo legato all’etimologia della parola ipocrita, rendendolo più cinematografico e meno letterario, non intaccando però i presupposti e gli elementi forti del testo scritto: il tema del tradimento, la metafora del sacrificio negli scacchi come nella propria vita, il tema del destino che gioca la sua “partita” per ognuno di noi. Nel film low budget che abbiamo realizzato interamente a Pisa, grazie al finanziamento della Direzione Cinema del MiBacT (film riconosciuto d’interesse culturale) e del Fondo Cinema della Regione Toscana, credo siano di assoluto rilievo la colonna sonora realizzata dal direttore dell’orchestra dell’Università di Pisa, Manfred Giampietro, la fotografia di Antonio De Rosa, l’interpretazione di Luca Lionello nel ruolo del professore protagonista e le location universitarie gentilmente concesse dalla Scuola Normale Superiore di Pisa (nessuno vi aveva mai girato un film).

 

 

                        

Competenze

Postato il

ottobre 11, 2017